Alzi la mano chi non ha sentito parlare di smart working almeno una volta negli ultimi tre mesi!
E pensare che sino al giorno prima che il coronavirus cambiasse per sempre le nostre esistenze solamente 570.000 lavoratori in Italia avevano sperimentato in prima persona lo smart working (o lavoro agile, come viene chiamato nella penisola).
L’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano stima che in Italia, a partire da marzo 2020, circa 6 milioni di lavoratori abbiano lavorato presso le proprie abitazioni e che a tendere potranno arrivare sino a 8 milioni nei prossimi mesi.
Ma siamo proprio sicuri che di smart working si tratti?
Lavoro Agile vs Telelavoro
Chi si occupa di studiare e di implementare modelli di smart working ci invita da sempre a non fare confusione tra telelavoro e smart working.
Ma quali sono le principali differenze?
Il telelavoro propone un diverso luogo di lavoro (casa tua) ma non modifica orari di lavoro, assetti organizzativi o responsabilità del lavoratore.
Lo Smart Working, al contrario, prevede grande flessibilità, innanzitutto in termini di luogo e di orario. Il dipendente può svolgere i propri compiti in qualsiasi luogo (a casa propria, al bar, in un co-working, al parco e, perchè no, in ufficio) e puo gestire in maniera più fluida i propri orari di lavoro.
Flessibilità di spazi e tempi di lavoro richiedono un rinnovato senso di responsabilizzazione da parte del dipendente ed un nuovo patto di fiducia con l’azienda.
Il cambio culturale che lo smart working porta con sé poggia su nuovi stili di leadership e di gestione, non più votati al controllo fisico ma orientati alla condivisione di obiettivi ed al monitoraggio di risultati.
I dipendenti in smart working sono infatti chiamati a raggiungere determinati obiettivi, entro scadenze prefissate e con un maggiore grado di autonomia nell’esecuzione delle proprie attività, e a gestire in maniera matura il rapporto e le interazioni con i propri colleghi.
Un nuovo futuro per il mondo del lavoro
Fatte queste premesse, appare evidente come negli ultimi mesi milioni di lavoratori italiani si siano affacciati per la prima volta in vita loro… al telelavoro.
La modalità di lavoro casalingo obbligato, sebbene lontanissima dal potersi definire smart, ci ha proiettati dentro un grande esperimento.
Provando a guardare a questi mesi ricchi di nuove esperienze come ad una sorta di grande progetto pilota, penso che alcune riflessioni potranno essere molto utili per costruire un nuovo mondo del lavoro:
- Innanzitutto abbiamo capito che si può fare! Un messaggio chiarissimo per tutti quelli che pensavano che il mondo sarebbe crollato una volta che le persone non sarebbero più state a portata di scrivania.
- In secondo luogo sono emerse la voglia ed il bisogno di socializzare, dal vivo. Le aziende sono fatte di persone e di relazioni umane ed abbiamo imparato ad apprezzarle forse ancora di più.
- Abbiamo apprezzato inoltre l’importanza degli strumenti (servono PC, monitor, connessioni internet e sedute adeguate nelle proprie postazioni casalinghe) ed abbiamo compreso il ruolo che la cultura aziendale rivestirà nell’affrontare la fase post emergenza (fiducia al centro e nuovi modelli di organizzazione del lavoro).
- Infine abbiamo preso coscienza di come sia non più rimandabile un ripensamento complessivo di tutto quanto oggi intendiamo alla voce lavoro.
Aziende e lavoratori insieme sono chiamati a costruire un nuovo equilibrio, in grado di modificare con coraggio gli assetti organizzativi e accogliere istanze e bisogni di flessibilità, inclusione, sicurezza, partecipazione e appartenenza.
Le aziende che sapranno realmente ascoltare i nuovi bisogni di una società profondamente mutata da questi ultimi mesi saranno quelle per cui tutti vorranno lavorare.
Che dire invece di quelle aziende che invece sperano di intraprendere un percorso di rapido ritorno al passato?
Beh, scopriranno una (per loro) amara verità: quel passato non esiste più.
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